martedì 20 gennaio 2015

Occhietto, Dueocchietti, Treocchietti, Grimm n.130, (Traduzione Mia)

'era una volta una donna che aveva tre figlie: la maggiore si chiamava Occhietto perché aveva un occhio solo, proprio in mezzo alla fronte, la secondogenita si chiamava Duocchietti perché aveva due occhi come tutti, e la minore, Treocchietti perché aveva tre occhi - il terzo in mezzo alla fronte come la maggiore.
Ma, poiché Duocchietti era proprio come tutti gli altri, la madre e le sorelle non la potevano soffrire.
"Tu, con quei due occhi, non sei migliore di tutti quanti gli altri! Non sei una di noi".
E non facevano che malmenarla, la relegavano in un angolo a spintoni, le gettavano vecchi stracci per coprirsi, e le davano i loro avanzi da mangiare. In breve, non le risparmiavano nessun tormento.
Ora, avvenne che, un giorno, Dueocchietti, mentre era in giro per i campi a pascolare la capra, era così oppressa dalla fame - le sorelle le avevano dato poco e niente da mangiare - che scoppiò in un pianto dirotto. Si sedette in mezzo all'erba e pianse, pianse tanto che sulle guance le scorrevano due ruscelletti. Quando, nel suo dolore, levò lo sguardo al cielo, vide una donna che le chiese:
"Perché piangi, Duocchietti?".
Ella rispose:
"Non dovrei piangere? Io? Io che ho solo due occhi come tutti e mia madre e le mie sorelle mi odiano per questo, e mi spingono in un cantuccio, e mi danno i loro vecchi stracci e mi lasciano le briciole per sfamarmi? Oggi non ho mangiato quasi nulla e muoio di fame".
La donna, che conosceva molte cose, le disse:
"Duocchietti, asciugati gli occhi, e ascoltami. Tu non soffrirai più la fame, ti basterà dire alla capra: Bela, bela, capretta, e apparecchiami la cenetta!, e ti troverai davanti una bella tavolina linda, ricoperta delle più squisite pietanze, e potrai mangiare finché vorrai. E, quando sarai sazia, e non avrai più bisogno della tavolina, ti basterà dire: Bela, bela, capretta, porta via la cenetta!, e la tavolina sparirà".


Annie Stegg


E, subito, la donna saggia sparì. Rimasta sola, Duocchietti pensò: 'Voglio scoprire subito se è tutto vero, perché muoio di fame!", e disse: Bela, bela, capretta, e apparecchiami la cenetta!. Aveva appena pronunciato queste parole che le comparve davanti una bella tavolina ricoperta da una tovaglia candida, su cui erano ben disposti piatti e posate d'argento, e c'erano magnifiche portate, ancòra calde e fumanti come se fossero appena uscite dalla cucina. Allora, Duocchietti recitò la preghiera più corta che conosceva: Signore, sii sempre con me, amen!, si servì, e mangiò di gusto. E, quando fu sazia, disse, come le aveva insegnato la donna: Bela, bela, capretta, porta via la cenetta! - e la tavolina sparì con tutto quel che c'era.
'Questo sì che è un bel modo di rigovernare!', pensò Duocchietti, ed era tutta allegra e felice.
Quella sera, tornata a casa con la capretta, trovò una scodellina di terracotta con un po' di cibo che le sorelle le avevano lasciato, ma non la toccò. Il giorno dopo, condusse di nuovo la capra al pascolo, e, di nuovo, non toccò i tozzi di pane raffermo messi da parte per lei. Le prime due volte la madre e le sorelle non ci badarono affatto, ma, poiché divenne un'abitudine, lo notarono e si dissero:
"Qui, gatta ci cova! Dueocchietti ha sempre divorato i nostri avanzi, e, adesso, non li tocca neanche: deve aver trovato un modo per procurarsi il cibo altrove".
Per scoprire la verità, decisero che Occhietto l'avrebbe accompagnata a pascolare la capretta, e, una volta nei campi, l'avrebbe spiata per vedere se qualcuno le portava di che sfamarsi.
Quando, l'indomani, Duocchietti si avviò con la capretta, Occhietto le si affiancò dicendo: "Vengo con te, voglio vedere se custodisci bene la capra e se la fai pascolare dove l'erba è migliore".
Ma Dueocchietti, che aveva capito ciò che aveva in mente, condusse la capra nell'erba alta, e disse alla sorella maggiore:
"Vieni, Occhietto, siediamoci qua, e io ti canterò una canzone".
Occhietto si sedette ed era esausta per il lungo cammino a cui non era avvezza e per il gran caldo, e Duocchietti cantilenava senza sosta: "Occhietto, vegli? Occhietto, dormi?" tanto che Occhietto chiuse il suo unico occhio e si addormentò. Non appena Dueocchietti vide che Occhietto era caduta in un profondissimo sonno e non avrebbe potuto scoprirla, disse: Bela, bela, capretta, e apparecchiami la cenetta!- quindi si sedette, mangiò e bevve fino a che non fu sazia, poi disse: Bela, bela, capretta, porta via la cenetta! - e la tavolina sparì. Poi svegliò Occhietto e le disse:
"Occhietto, sei venuta per pascolare la capretta e dormi? Nel frattempo, la capra avrebbe potuto scappare in capo al mondo! Andiamo, torniamocene a casa". Così, se ne tornarono a casa, e, anche stavolta, Duocchietti lasciò il piatto degli avanzi intatto. Occhietto non fu in grado di rivelare alla madre perché la sorella non toccasse cibo, e, per giustificarsi, disse: "Mi è venuto sonno!".
Il giorno dopo, la madre disse a Treocchietti: "Questa volta, accompagnerai tu Dueocchietti, e scoprirai se mangia mentre è fuori, poiché è certo che si sfama di nascosto!".
Allora Treocchietti affiancò la sorella, dicendo: "Vengo con te, voglio vedere se custodisci bene la capra e se la fai pascolare dove l'erba è migliore".
Ma Dueocchietti, che aveva capito ciò che aveva in mente, condusse la capra nell'erba alta, e disse alla sorella minore:
"Sediamoci qua, e io canterò per te, Treocchietti".
E Treocchietti si sedette, stanca per il lungo cammino e il gran caldo, e Dueocchietti intonò la solita cantilena: "Treocchietti, vegli?", ma, invece di dire:"Treocchietti, dormi?", sbadatamente, cantò:"Dueocchietti, dormi?", così a Treocchietti si chiusero due occhi, ma il terzo, non nominato nella cantilena, rimase aperto e sveglio. Però Treocchietti lo socchiuse, fingendo di dormire anche con quello, e, invece, poteva vedere tutto. Quando Duocchietti pensò che la sorella fosse immersa in un sonno profondo, recitò la formuletta magica: Bela, bela, capretta, e apparecchiami la cenetta!, e, una volta che ebbe mangiato e bevuto a sazietà, comandò che la tavolina sparisse: Bela, bela, capretta, porta via la cenetta!
Ma Treocchietti aveva visto ogni cosa. Duocchietti le si avvicinò e disse: "Dormi, Treocchietti? Sei una brava guardiana, davvero! Vieni, torniamocene a casa".
E, una volta a casa, Duocchietti non toccò il piatto con gli avanzi, ma Treocchietti disse alla madre: "Adesso so perché la nobildonna non mangia! Quando è fuori, dice alla capra: Bela, bela, capretta, e apparecchiami la cenetta!, e le compare davanti una tavolina ricoperta di cibi deliziosi - niente a che vedere con ciò che mettiamo in tavola noi - e, quando è sazia, dice: Bela, bela, capretta, porta via la cenetta!, e la tavolina scompare. Ho visto tutto molto bene poiché mi aveva addormentato due occhi con una sorta di cantilena, ma, per fortuna, quello sulla fronte è rimasto sveglio".
Allora la madre invidiosa, gridò: "Dunque, vorresti banchettare alla faccia nostra? Ti farò passare la voglia!"
Andò a prendere un coltellaccio da beccaio e lo piantò nel cuore della capretta, che cadde a terra morta. A quella vista, Duocchietti, sconvolta, uscì di casa e si sedette nell'erba, sul bordo del campo, e versò lacrime amare. Ma, nuovamente, le apparve la donna saggia, che disse:
"Duocchietti, perché piangi?"
"Non dovrei piangere?- rispose la fanciulla - mia madre ha scannato la capretta che ogni giorno mi dava tanto buon cibo quando recitavo le parole che mi avete insegnato. Adesso, mi toccherà patire nuovamente la fame!"
La donna disse: "Duocchietti, voglio darti un consiglio: prega le tue sorelle di darti le interiora della capra e sotterrale nel terreno davanti alla porta di casa. Sarà la tua fortuna!".
Poi scomparve e Duocchietti andò a casa e disse alle sorelle:
"Care sorelle, datemi qualcosa della mia capra! Non chiedo qualche parte pregiata: mi accontento delle interiora".
Le sorelle scoppiarono a ridere e le dissero: "Se non vuoi altro, eccole!".
Dueocchietti prese le interiora e, quella notte, le sotterrò di nascosto nel terreno davanti alla porta di casa, come le aveva consigliato la donna saggia.
E, il mattino dopo, quando si svegliarono e si affacciarono alla porta, videro un albero prodigioso. Era splendido: aveva una chioma di foglie d'argento, e, in mezzo alle foglie d'argento, pendevano dei frutti d'oro, e in tutto il vasto mondo mai si era vista cosa più bella e preziosa.
Le donne, poi, non si capacitavano come il magnifico albero avesse potuto crescere davanti a casa loro nel giro di una notte, ma Duocchietti capì che doveva esser nato dalle interiora della capretta, poiché s'innalzava giusto nel punto dove le aveva sotterrate.
La madre disse a Occhietto: "Sali sull'albero, bambina mia, e raccogli qualche frutto per noi".
Occhietto salì sull'albero, ma, non appena arrivava a sfiorare una delle mele d'oro, il ramo le sfuggiva di mano, e così accadde ad ogni tentativo e per quanti sforzi facesse.
Allora la madre disse: "Treocchietti, sali tu sull'albero: con i tuoi tre occhi ci vedi meglio di Occhietto".
Occhietto scese dall'albero, e vi salì Treocchietti, ma non fu più fortunata, nonostante i  suoi tre occhi, e le mele d'oro continuarono a sottrarsi alla sua mano. Infine, la madre perse la pazienza e s'arrampicò ella stessa, ma non raccolse più frutti delle figlie, e le sue dita non facevano che acchiappare l'aria. Allora Duocchietti disse: "Voglio provarci io, magari mi andrà meglio!".
Le sorelle esclamarono: "Che pensi di fare con i tuoi due occhi?!"
Ma Duocchietti salì sull'albero e le mele, questa volta, non si ritirarono, anzi, le cadevano in mano, tanto che ne portò giù una grembialata.
La madre le strappò i frutti, e, invece di trattare la povera Duocchietti un po' meglio, poiché era riuscita là dove le sorelle avevano fallito, le tre donne, invidiose, divennero ancor più crudeli con lei.


Alexandra Nedzvetskaya


Un giorno, mentre le sorelle erano tutt'e tre sotto l'albero, accadde che passò di lì un cavaliere.
"Sbrigati, Duocchietti - esclamarono le due sorelle - corri a nasconderti, non vogliamo doverci vergognare di te!", e spinsero la poverina sotto una botte rovesciata, che si trovava vicino all'albero, e le rovesciarono sopra anche le mele d'oro ch'ella aveva colto. Quando il cavaliere le raggiunse, si rivelò essere un bel giovane; egli ammirò il magnifico albero d'oro e d'argento e disse alle due sorelle:
"A chi appartiene questo bell'albero? Chi ne spiccasse un ramo e me ne facesse dono potrebbe chiedermi qualsiasi ricompensa".
Occhietto e Treocchietti affermarono che l'albero apparteneva a loro, e che gliene avrebbero regalato un ramo, ma si affannarono invano poiché, ad ogni loro sforzo, i rami e i frutti si ritraevano.
E il cavaliere esclamò: "E' ben strano che non riusciate a spiccare un ramo, se, come dite, l'albero vi appartiene!"
Quelle insistettero dicendo che l'albero era proprio loro, ma, indispettita perché non dicevano la verità, Duocchietti spinse fuori dalla botte un paio di mele d'oro, che rotolarono fino ai piedi del cavaliere.
Quando vide le mele, il cavaliere rimase sbalordito e domandò da dove venissero. Occhietto e Treocchietti risposero che avevano un'altra sorella, ma che non aveva il permesso di mostrarsi perché aveva soltanto due occhi come chiunque altro. Il cavaliere, tuttavia, desiderava vederla e gridò: "Duocchietti, vieni fuori!", e Duocchietti, tutta racconsolata, uscì dalla botte, e il cavaliere si stupì della sua grande bellezza e disse: "Tu certamente sarai in grado di spiccare un ramo dell'albero per me".
"Sì - rispose la fanciulla - io potrò farlo perché‚ in verità, l'albero appartiene a me".
Salì sull'albero, e, senza alcuno sforzo, spiccò un ramo con le sue foglie d'argento e i frutti d'oro e lo porse al cavaliere.
Allora egli disse: "Duocchietti, cosa desideri in cambio?"
"Ahimè, - rispose la fanciulla - patisco fame, sete e ogni sorta di sofferenza da mattino a sera. Se voleste portarmi via con voi e liberarmi, ne sarei felice".
Il cavaliere la mise sul suo cavallo e la portò al castello di suo padre, dove ella ebbe belle vesti e da mangiare e da bere a sazietà; il cavaliere, che se ne era perdutamente innamorato, la sposò, e la cerimonia venne celebrata tra grandi festeggiamenti.
Quando Duocchietti fu portata via dal bel cavaliere, le sue sorelle le invidiarono di tutto cuore la sua buona sorte.
'Tuttavia, abbiamo ancòra l'albero meraviglioso - pensavano - e, anche se non possiamo coglierne i frutti, tutti si fermeranno a guardarlo, e verranno fin qui per ammirarlo: chi lo sa, magari il destino ha in serbo qualcosa di bello anche per noi!'
Ma il mattino dopo, l'albero era sparito e, con esso, anche le loro speranze. Invece, Duocchietti, affacciandosi alla finestra della sua camera, si accorse, con immensa gioia, che l'albero meraviglioso l'aveva seguita fino alla sua nuova dimora.
Duocchietti visse a lungo e felicemente. Un giorno, bussarono alla porta del castello due mendicanti, e chiesero l'elemosina. Ella le guardò bene in volto e riconobbe le sue sorelle Occhietto e Treocchietti, che erano precipitate in un tale stato di indigenza da esser costrette ad elemosinare un tozzo di pane di porta in porta.
Duocchietti le accolse, fu gentile con loro e se ne prese cura, tanto che le due sorelle si pentirono sinceramente di tutto il male che le avevano fatto in gioventù.


Alexandra Nedzvetskaya


Grimm n.130, "Einäuglein, Zweiäuglein und Dreiäuglein".
Classificazione AaTh 511 [One-Eye, Two-Eyes, Three-Eyes]
Traduzione: Mab's Copyright

Il testo in lingua originale è nella Pagina: "Brüder Grimm"

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