martedì 7 aprile 2015

La Cenerentola, V. Imnbriani (La Novellaja Fiorentina n. 11)

Come avviene in molte versioni popolari italiane, in questa novella di Imbriani, la "magia" non si limita a mutare le vesti e quindi lo status di Cenerentola, ma il suo stesso aspetto fisico: da brutta, addirittura ripugnante che era, la fa bellissima, il che rende più logico che le sorelle (qui, il padre e le sorelle come ne La Bella e la Bestia, non la matrigna e le sorellastre) non la riconoscano. E nessuno la esclude, nessuno la perseguita, anzi, le sorelle la spingono a andare con loro, ma Cenerentola rifiuta con la solita rudezza di queste fiabe.E il primo pensiero, quando la bellissima signora sconosciuta fa loro un regalo (con una certa condiscendenza) è per la Cenerentola cocciuta e infelice che non condivide la loro fortuna. E il padre - meschino - non la nasconde ai servitori del Re per cattiveria, ma per vergogna, perché: "Signori, ce n'è un'altra, ma non lo dico neppure. Gli è tutta nella cenere, nel carbone, se vedeste! Io non la chiamo nemmen figliola per vergogna." E non manca il tocco stile "The Ring": l'uccellino Verdeliò l'ha fatta ancor più bella che in precedenza e l'ha dotata delle vesti dell'ultima sera, così belle da accecare, "e l'aveva per dippiù tutte catene d'oro, ma grosse! messe così". Laddove, l'eleganza da "gran signora" è misurabile con il numero, il peso e la grossezza dei giri di collane d'oro di cui è adornata, ma il padre fraintende: "La sentono? - dice il padre - la sentono? La si strascica la catena del cammino. Si figurino che orrenda cosa che sarà quella!"
In queste fiabe il mistero non è tanto nell'uccellino Verdeliò che sostituisce madre morta, alberi meravigliosi nati da una tomba, ecc., e non accetta di sparire quando il  destino è compiuto (Dice l'uccellino: "Portami via, sai? mettimi in seno, via, sai?"
Si mette l'uccellino in seno e principia a scender le scale.), ma nella persistenza del motivo della strana ostinazione di Cenerentola di volersi recare alle feste da ballo in incognito.


Olga Popugaeva & Dmitry Nepomnyastchy


'era una volta un omo che aveva tre figliole. Dunque gli ebbe ordinazione di andare fori via per lavoro. E gli dice: "Giacchè io sono in viaggio, che volete voi quando io torno?"
Una, la gli ordina un bel vestito: l'altra, un bel cappello e un bello scialle.
Dice alla minore: "O te, Cenerentola, o che tu vuoi?" - La chiamavano Cenerentola, perchè la stava sempre nel cammino.
"Vo' m'avete a comperare un uccellin Verdeliò."
"La sciocca! Non si sa che gli abbia a fare dell'uccellino! Invece di ordinarsi un bel vestito, un bello scialle, si piglia l'uccello chi sa per farne che!"
"Chetatevi! - dice - Io son contenta così".
Eccoti il padre va via. Quando torna, a quella porta il vestito; a quella lo scialle, il cappello; e alla Cenerentola l'uccellino.
Eccoti, siccome gli era uno che lavorava a corte, dunque il Re gli dice a quest'omo:
"Io dò tre feste di ballo, tre festini; se tu vuoi condurre anche le tue figliole, conducile; tanto quel poco le si spasseranno".
"Come Lei comanda - dice - "Grazie!" - e accetta.
Torna a casa:
"Sapete, ragazze? Questo e questo; Sua Maestà vole che si vada alla festa da ballo, così e così."
"Vedi tu, Cenerentola, se ti avevi ordinato un bel vestito? Stasera s'ha a fare di andare alla festa di ballo."
Dice: "Non me ne importa nulla! Andate pure, io non ci vengo"
Eccoti la sera, quando gli è l'ora, si preparano tutte per bene, tutte pettinate, dicendo alla Cenerentola: "Vien via, ti si accomoderà anche te."
"Eh, io non voglio venire, andate voi, io non voglio venire."
"Ma - dice suo padre - andiamo, andiamo! Vestitevi e venite via: lasciatela stare."
Quando le sono andate via, la va dall'uccellino:
"Oh Uccellin Verdeliò, fammi più bella ch'io non so' [2]".
La vien tutta vestita di verdemare e tutta brillanti che a guardarla si accecava. Prepara due sacchette di quattrini l'uccellino; gli dice: "Porta questi due sacchetti; e entra in carrozza e va via."
Va alla festa e l'Uccellin Verdeliò lo lascia a casa. Entra nella festa. Appena i signori veggono questa bella signora (la faceva accecare da tutte le parti), il Re, figuratevi, principia a ballare con lei tutta la sera. Eccoti dopo che lei gli ha ballato tutta la sera, si ferma Sua Maestà; e lei si mette accanto alle sorelle. Mentre che lei gli è accanto alle sorelle, caccia fori un fazzoletto e gli casca un braccialetto.
"Oh Signora, - dice la maggiore - Le è cascato questa roba".
"Prendetelo per voi", dice.
"Oh se ci fossi la Cenerentola, chi sa che non fossi toccato a lei?".


E. Le Cain


Il Re aveva dato ordine, che quando andava via questa signora, stessero attenti dove stava di casa. Quando s'è trattenuta un poco, vien via dalla festa. I servitori figuratevi se erano attenti! Lei entra in carrozza e via. Lei si avvide d'essere perseguitata, la prende i quattrini e la comincia a buttarli via, fori della finestra della carrozza. I servitori ingordi, vi lascio dire, vedendo tutte quelle monete, non pensorno più a lei, si fermarono a raccattare i quattrini [3]. Lei la va al palazzo e sale su: "Uccellin Verdeliò, fammi più brutta ch'io non so'".
La vien così brutta, orrenda tutta, tutta cenere, bisognava vedere in che modo! Eccoti le sorelle che tornano: "Ce-ne-reen-to-laa!"
"Oh lasciatela stare! - dice suo padre - la dormirà ora; lasciatela stare!"
Dunque le vanno su e gli fanno vedere questo gran bel braccialetto:
"Vedi, scimunita? Lo potevi aver te."
"Non me ne importa nulla a me."
Eccoti che vanno a cena. Il padre dice: "Andiamo, andiamo a cena, a mangiare, scioccherelle."
Venghiamo a il Re che stava ad aspettare i servitori. I servitori non avevano il coraggio di presentarsi a Sua Maestà, stavano lontani. Li chiama:
"O come è andata?"
Si buttano a' piedi: "Così e così!... Ci ha buttati tanti quattrini!..."
"Vili! che non siete altro - dice - Avevi paura di non essere ricompensati?", dice. "Ahn? bene! - dice - domani sera, pena la morte se voi non istate attenti." Venghiamo la sera dopo, c'è la solita festa. Dicono le sorelle:
"Stasera verrai, eh, Cenerentola?"
"Oh! - dice - non mi seccate! Io non ci voglio venire".
E suo padre le grida: "Oh, quanto siete seccanti! Lasciatela stare!"
Eccoti le si mettono ad abbigliarsi, figuratevi, più meglio dell'altra sera; e vanno via.
"Addio, sai, Cenerentola!"
Eccoti la Cenerentola, quando le sono andate via, la va dall'uccellino:
"Uccellin Verdeliò, fammi più bella ch'io non so'."
La vien tutta vestita di verdemare; ricamate tutte le qualità di pesci del mare e poi brillanti mescolati che non si pol credere, ecco. L'uccellino gli dice: "Prendi due sacchetti di rena. E quando - dice - sarai perseguitata, buttala fora. - dice - Così, rimarranno ciechi."
Così la fa: la va via, si mette in carrozza e la va alla festa. Eccoti Sua Maestà che la vede, mah! subito si mette a ballare con lei e balla quanto può ballare, ecco! Dopo che l'ha ballato quanto poteva (lei non si straccava, ma lui si straccava!) la si mette accanto alle sorelle; tira fori il fazzoletto e gli cade fori un vezzo, ma un vezzo tutto di carbonelle, bello! Dice la seconda sorella:
"Signora, Le è caduta questa roba"
Dice: "Prendetelo per voi."
"Se c'era la Cenerentola, chi sa che non fossi toccato a lei! Eh ma domani sera la s'ha a far venire!"
Eccoti dopo un poco, lei la va via dalla festa. I servitori (figuratevi: pena la morte!) tutti attenti, eh! dietro! La principia a buttar tutta questa rena e rimangon ciechi. Eh, l'arena negli occhi, lascio dire! La va a casa, la smonta e va su. "Uccellin Verdeliò, fammi più brutta ch'io non so'."
La viene così brutta, uno spavento, ecco! Veniamo alle sorelle che tornano:
"Ce-ne-reen-to-laa! - le principian di giù. - Se tu sapessi, che la ci ha dato quella signora!"
"'Un me ne importa nulla!"
"Ma domani sera tu ci hai a venire!"
"Sì, sì! vo' l'areste aère!"
Suo padre dice: "Andiamo a cena, e lasciatela stare: impertinenti proprio che voi siete! Venite a cena". Vanno a cena.
Venghiamo a Maestà che sta aspettando i servitori perchè gli dicano dove sta di casa. Invece gnene riportan tutti ciechi, perchè s'ebbero a fare accompagnare, gua'!
"Briccona! - dice - Questa signora o l'è qualche fata o dove avere qualche fata che la protegge."
Eccoti il giorno dopo le sorelle: "Cenerentola, t'ha' a venire stasera! Senti: l'è l'ultima sera, t'hai a venire."
Suo padre: "Oh lasciatela stare! siete sempre a tormentarla!"
Allora le vengon via e si mettono a prepararsi per la festa. Quando le son bell'e preparate, le vanno via con suo padre, le vanno alla festa. Quando le sono ite via, la Cenerentola va dall'uccellino:
"Uccellin Verdeliò, fammi più bella ch'io non so'."
La viene tutta colore del cielo, proprio dell'aria del cielo; tutte le comete; le stelle, la luna nel vestito, e il sole in mezzo alla fronte. Entra nella festa: chi la poteva guardare! solamente pel sole, gua', bassavan gli occhi, accecavan tutti [4].
Eccoti Maestà si mette a ballare, ma non poteva guardarla, perchè l'accecava: ballava, ma guardare non poteva. Di già aveva dato ordine Maestà ai servitori che stessero attenti, pena la morte: non andassero a piedi, montassero a cavallo quella sera. Eccoti, quando ella ha ballato anche più delle altre sere, la si mette accanto a suo padre codesta sera; tira fori il suo fazzoletto e gli cade una tabacchiera d'oro piena di zecchini d'oro.
"Signora, Le è caduta questa tabacchiera."
"Prendetela per voi!"
Figuratevi quest'omo, l'apre e la vede tutta piena di zecchini: che contentezza!





Quando la s'è trattenuta, la va via come l'altra sera e la va verso la casa. I servitori via a cavallo, lesti; stavano discosti dalla carrozza, ma col cavallo si pena poco. Ella s'avvede di non aver preparato nulla da gittare; non aveva nulla stasera: "Oh! - dice - come ho a fare?"
Ma non poteva buttar nulla, perchè non aveva nulla. Lesta la smonta e gli cade una pianella nel far presto. I servitori la raccattano; prendono il numero dell'uscio; e vengon via. Venghiamo alla Cenerentola che va su:
"Uccellin Verdeliò, fammi più brutta ch'io non so'!"
Non gli risponde l'uccello. Quando la gnene ha detto tre o quattro volte, gli risponde:
"Briccona! bisognerebbe che non ti facessi divenire più brutta, ma....", e la fa divenire brutta e poi gli dice: "Ora e che vuoi fa'? Tu sei scoperta."
La si mette a piangere, piangeva proprio. Venghiamo alle sorelle che tornano: "Ce-ne-reen-to-laa!"
Eh figuratevi questa sera, non gli risponde, cheh!
"Guarda che bella tabacchiera! Se te fossi venuta, la potevi aver te."
"Non me ne importa nulla! Escite di costì!"
"Andiamo, andiamo; venite a cena", dice suo padre. Vanno a cena ed è finito. Venghiamo ai servitori che tornano con la pianella e il numero dell'uscio.
"Che dimani - dice Maestà - appena fatto giorno voi andiate a questa casa; prendetemi la carrozza e portatemi questa signora nel palazzo".
I servitori prendon la pianella: quella che gli stava, era lei; e vanno via. E picchiano. Si affaccia suo padre:
"Oh dio! è la carrozza di Sua Maestà! cosa ci sarà?"
Tiran la corda e van su i servitori. Vanno su.
"Cosa mi comandano?", gli dice il padre, gua', a questi servitori.
"Quante figlie avete voi?"
Dice: "Due."
"Bene, fatecele vedere".
Ecco il padre le fa venire di qua.
"Mettetevi a sedere", dicono a una di quelle. Gli provano la pianella, cheh! la ci entrava dieci volte. Quest'altra si mette a sedere: gli era piccola.
"Ma ditemi, galantomo, non avete altre figlie voi? Badate a dire la verità, veh! Perchè Maestà lo vole: pena la morte!"
"Signori, ce n'è un'altra, ma non lo dico neppure. Gli è tutta nella cenere, nel carbone, se vedeste! Io non la chiamo nemmen figliola per vergogna."
"Nojaltri non siamo venuti nè per bellezza, nè per abbigliatura: si vol vedere la ragazza!"
Eccoti, le sorelle chiamano: "Ce-ne-reen-to-laa!", ma urla, urla! Ma lei non rispondeva. Dopo un pezzo: "Che v'è egli?", la risponde.
"Bisogna che tu venga giù! c'è de' signori che ti vogliono vedere."
"Io non vo' venire, io."
"Ma bisogna che tu venga, ti pare?", dice.
"Sì, ditegli che or'ora vengo."
La và dall'uccellino: "Ah Uccellin Verdeliò, fammi più bella ch'io non so'".
La vien vestita come l'ultima sera, col sole, con la luna e con le stelle, e l'aveva per dippiù tutte catene d'oro, ma grosse! messe così.
Dice l'uccellino: "Portami via, sai? mettimi in seno, via, sai?"
Si mette l'uccellino in seno e principia a scender le scale.
"La sentono? - dice il padre - la sentono? La si strascica la catena del cammino. Si figurino che orrenda cosa che sarà quella!"
Eccoti quelli, quando è l'ultimo scalo, la veggono apparire.
"Ah!", riconoscono la signora dell'altra sera.
Il padre, le sorelle, figuratevi che affanno che fu quello! La fanno mettere a sedere, la gli provano la pianella, eh! l'era sua, la gli stava! La fanno montare in carrozza e la portano a Sua Maestà. E riconosce la signora di queste sere. E figuratevi, innamorato com'egli era, gli dice:
"Assolutamente, voi siete la mia sposa".
Lei acconsente, gua', lo credo! Manda a chiamare il padre, le sorelle e le fa venire tutte nel palazzo. Concludono le nozze. Figuratevi, che feste belle, che cosa che fece a questo sposalizio! I servitori li fa de' maggiori del palazzo, quelli che avevano scoperto dove la stava, in ricompensa. Se ne vissero e se ne godettero e a me nulla mi dettero.


Gilbert A.Y.


Dalle Note:

Cf. con la fiaba XVI: La Maestra
È lo stesso argomento del trattenimento VI, giorn. I del Pentamerone ["La Gatta Cenerentola"]: - Zezolla, 'mmezzata da la Majestra ad accidere la Matreja; e credenno, co' farele avere lo patre pe' mmarito, d'essere tenuta cara; è posta a la cucina. Ma ppe' bertute de le fate, dapò varie fortune, sse guadagna 'no Re pe 'mmarito.

Prima che il libretto e la musica di due Italiani, ringiovanissero la fiaba della Cenerentola e fin dall'anno M.DCC.LIX, fu recitata a Parigi una Cendrillon, parole dell'Anseaume, musica del La Ruette, che non incontrò gran fatto.
Gli aneddotisti dànno per certo, che alcuni anni prima, il basso Thevenard, passando innanzi ad una calzoleria, stupisse della piccolezza elegante d'una pantoffola da ricucirsi; e che s'informasse dello indirizzo della padrona di quella calzatura; e volesse conoscerla; e se ne innamorasse perdutamente; e la chiedesse in matrimonio lì per lì, su due piedi; e non fosse in seguito nè più scontento, nè più infelice di tanti e tanti che hanno arrischiato il duro passo solo dopo mature considerazioni, ponderatamente. Anche il poeta tedesco Di Platen-Hallermünde, sepolto a Siracusa, ha trattato drammaticamente questo tema vaghissimo.

[2] Presso il Basile, invece dell'uccello, abbiamo una palma, ed il carme è questo:

Dattolo mmio 'nnaurato!
Co' la zappetella d'oro t'haggio zappato;
Co' lo secchietiello d'oro t'haggio adacquato;
Co' la tovaglia de seta t'haggio asciuttato:
Spoglia a te e vieste a mme 

[3] Polieno, Stratagemmi, lib. III. - Poscia che Demetrio prese la città di Atene, Lacare vestitosi con certa veste da servo e da villano ed inchiostratasi la faccia, portando un cesto coperto di sterco, segretamente uscì dalla città per una postierla; e montato a cavallo, tenendo dei darici d'oro in mano, se ne fuggì. I cavalieri tarantini però, tennergli dietro a speron battuto senza punto arrestare il corso. In allora egli incominciò a spargere i darici d'oro per la via; i quali veggendo, i tarantini smontavano da cavallo e raccoglievano. Fatto questo più volte, egli tagliò loro il seguitarlo; e perciò Lacare cavalcando se ne venne in Beozia. - Nè molto dissimile è l'altro stratagemma che nel libro IV Polieno narra di Mitridate. Cf. con la favola d'Ippomene ed Atalanta. (V. Guicciardini, Detti e fatti, il racconto intitolato: - Quanto possa l'ajutorio divino nelle cose umane et per contra quanto nuoca la divina indegnatione. - Vedi anche nel XXI dell'Orlando Innamorato del Berni, la storia della figliuola del Re Monodante).


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